“Scrivere la mia storia”? Siediti e parla… anche dalla Libia

Potrai restare comodamente a casa.. anche in Libia. Un giornalista professionista, ti ascolta.  

Quando il biografo viene travolto e scaraventato in Libia lontano e molto indietro nel tempo

Come è stato raccogliere e scrivere il racconto della vita di Luciano Aldigeri. 

Una vita come un film

Giarabub, Giarabub. Inchiodata sul palmeto veglia immobile la luna, a cavallo della duna sta l'antico minareto ...Colonnello, non voglio il pane, dammi il piombo del mio moschetto! .. Giarabub... La canzone di epoca fascista evoca il coperchio illustrato delle vecchie scatole dei datteri. Ma nel sole radente tra le dune, vedi avanzare un autotreno. 


È il deserto libico e in mezzo vi corre un gigante della strada, a rischio insabbiamenti, tuffi, fesh fesh, ghibli; tutto il meraviglioso in agguato che si può immaginare nel Sahara, percorre la linea telefonica attraverso le parole di Luciano Aldigeri e raggiunge le cuffie e il registratore. In realtà Luciano mi chiama da Milano, ma i ricordi viaggiano da molto più lontano nel tempo e nello spazio.

“Voglio scrivere la mia storia” mi dice e io ascolto e immagino la sua vita.

Lo vedi alla guida, nel deserto, più tuareg dei tuareg. Trasporta decine di migliaia di litri di liquido infiammabile: lui, Luciano, un ragazzino magro che manco arriva ai pedali... Tre milioni di chilometri di sabbia in vent’anni di Libia. Finché Gheddafi: velleitario e pettoruto, non decise di cacciare via gli italiani.

Era il 1970 e, nel 2011, finì con il Rais preso a consumare i propri passi perduti sulla sommità del Castello Rosso di Tripoli, come un Amleto africano. E il golfo della Sirte come un maelstrom.

Quanto la storia piccola rivela quella grande

Luciano aveva in serbo per me un racconto appassionante. Mi ha tenuto per due mesi con il fiato sospeso, mentre ricostruivo i suoi appunti e lo intervistavo. A colpirmi, era l’allegria scanzonata con cui narrava peripezie angoscianti e pericolosissime. La sua vita è stata una lente d’ingrandimento sulla storia grande, per capire cosa è stato il Fascismo al di là della retorica ufficiale. 

Ho scoperto perché il Regime riuscì a radicarsi nel cuore di tanti italiani. Per la prima volta, dava dignità agli uomini provvisti solamente di forza fisica, agli uomini di fatica, ai braccianti. L’enfasi posta sulla possanza, come valore assoluto. L’elegia del lavoro contadino dava coscienza di sé a chi ancora si sentiva servo della gleba, umiliato, alla base della piramide sociale. I contadini italiani non se lo dimenticarono mai e, per tanti, cui pur Mussolini ne combinò di tutti i colori, il Fascismo restò associato a sentimenti di speranza. 

I guai di Luciano e della sua famiglia cominciarono con l’invidia per gli Inglesi

E, sì, che, come anticipavo, il Duce la fece davvero grossa. Nel 1926 a Pesaro, in febbraio, annunciò che avrebbe cambiato moneta, avrebbe fatto la lira pesante, in modo che bastassero 90 lire per acquistare una sterlina inglese. Allora, la Gran Bretagna era molto più ricca dell’Italia e pensare che la nostra economia potesse reggere una tale rivalutazione fu un disastro pagato sopratutto dei contadini. 

Il padre di Luciano ebbe così un’amara sorpresa. Per restituire il prestito agircolo non gli bastava vendere il latte, dovette proprio liberarsi delle vacche.  Erano finite le passeggiate in calesse. Dovette vendere tutto e trasferire la famiglia in un tugurio, in fondo a una valle ombrosa. La neve vi si accumulava fino a raggiungere il metro, ben più alta della statura degli otto bambini. A fare la rotta arrivarono da tutto il paese per permettere ai bimbi di andare a scuola. Siamo negli anni Venti del Novecento e al piccolo Luciano, e alla sua famiglia, non restò che il piroscafo per la Libia, in partenza da Genova

E per la prima volta vide il mare. 

In Libia, le vicissitudini di Lucianino ancora adolescente, si mescolarono con la Storia delle Nazioni. Sulla costa gli Inglesi si rivelarono capaci di prevalere su Rommel la volpe del deserto, i Francesi della Legione Straniera erano in agguato nelle aree interne della Libia. La Tripolitania coloniale di Volpi era un giardino art nouveau, mentre gli aerei di Balbo mitragliavano sui cieli di Tobruk. Intanto, scoprivo cosa fossero gli Uadi, questi torrenti secchi che  si trasformano in fiumi, all’improvviso, e travolgono tutto. Scoprivo che per mangiare bisognava riuscire a centrare le gazzelle, che le città coloniali fondate dagli italiani in Cirenaica portavano i nomi di eroi ed erano tutti delle Sabaudia in miniatura… Quando Luciano e la famiglia arrivarono nella loro casa, nel villaggio Baracca, la scoprirono dotata di tutto: un sacco di farina, una pecora e persino degli zolfanelli per accendere il focolare…. 


Luciano Aldigeri - I Colori del Ghibli - pp. 200


Oltre 50 fotografie inedite e documentali













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