La sofferenza del ghostwriter


Ascoltare la sofferenza diventa la sofferenza del ghostwriter, di chi scrive per altri. Quando il ghostwriting richiede di calarsi nelle emozioni di chi ti un giorno ti ha telefonato dicendo voglio scrivere la mia storia. 

Parole da un mondo ignoto.

Il racconto del memorialista può anche non arrivarti da molto lontano, e questo di Simona mi giungeva da Milano. Mi portava tuttavia in un mondo ignoto. Mi conduceva nelle aule dei tribunali del diritto di famiglia e nei servizi sociali.

Un mondo burocratico e violento.

Ascoltandola facevo esperienza di un un sistema, un mondo burocratico e violento, dove vince la controparte socialmente più forte, perché più ricca, perché più prestigiosa professionalmente, perché più dotata di relazioni importanti. Per Simona era stato proprio così e per me di conseguenza. Era la sofferenza del ghostwriter.

La maternità incompresa.

Quando mi telefonò da Milano, era reduce da vent’anni di umiliazioni per una maternità incompresa. Al termine, era giunta la separazione matrimoniale, i figli le erano stati tolti e affidati al padre. A motivo del mio malessere, della sofferenza del ghostwriter, c’era la necessità di risalire la catena delle cause e degli effetti, fino a giungere a capire una verità incredibile. La sottrazione dei figli era stato l’esito ultimo delle difficoltà durante il periodo dell’allattamento. Le avrebbero tolto i figli adolescenti perché in pratica lei aveva manifestato difficoltà nell’allattarli.

Toghe e assistenti sociali, un sistema stolido e la sofferenza del ghostwriter.

Avete letto bene. Un pool di toghe e assistenti sociali incapaci di capire a fondo le ragioni di altre donne, anzi votato a odiarle – proprio perché donne, come diceva il grande neuropsichiatra infantile Bollea… – ecco questo gruppetto di professioniste inconsapevoli era rimasto alla mercè della retorica forense della controparte maschile. In pratica una visione del tutto riduttiva aveva massacrato il vissuto di Simona.

L’amore puro e il dolore.

L’amore puro e il dolore, per Simona il piacere dell’allattamento si era mescolato alle spugnature fredde, al tiralatte, a ragadi continue, alle mastiti e ai febbroni… E tuttavia lei aveva nutrito al seno il figlio per mesi e mesi. Era stata incapace di sottrarsi all’accerchiamento familiare dei parenti acquisiti, ma lo aveva fatto lamentandosi e odiando. Così, anni e anni dopo, alla fine di quel matrimonio nato su presupposti sbagliati, il dolore di Simona sarebbe stato usato contro di lei e sarebbe diventato il mio, la sofferenza del ghostwriter.

La sofferenza del ghostwriter: cercare di capire era fonte di dolore e di rabbia.

Questa storia familiare aveva uno sviluppo di anni e fu accompagnata dalla voce dolente di Simona, ma era come se non le appartenesse. Il suo racconto aveva lo stile asciutto con cui si darebbe conto di una sevizie. Per me dall’altra parte della cornetta, ascoltarla e cercare di capire era fonte di dolore e di rabbia grande, non solo contro le angherie dei sopraffattori, ma anche contro gli avvitamenti della sopportazione nelle donne.

Post popolari in questo blog

C’è un giornalista per te: pubblica la tua autobiografia

Esce oggi il giallo autobiografico del ragazzo ucciso sulla Riva del Po

Tra immobilità e disfunzionalità: gli occhi di Sempio.